Bondansa & Carestea

da "l'Angelo in famiglia" di giugno/luglio 2001


Ricorrendo il prossimo 26 giugno 2001 il ventesimo anniversario della morte di Mons. Pietro Biennati, la redazione del bollettino parrocchiale desidera ospitare sul numero corrente una delle numerose testimonianze che consentono di affermare come la memoria di questo Arciprete sia ancora ben viva nella nostra comunità.


Bondansa & Carestea.

A qualcuno questa parola dice poco o niente; potrebbe essere scambiata per uno dei tanti slogan che influenzano i tempi della New-economy.

Invece no! Erano due parole che fino alla fine degli anni sessanta quasi era proibito pronunciare.

Si sussurravano, questo sì! Nei discorsi della gente con un filo di voce accompagnata da ammiccamenti e cenni cogli occhi; mai pronunciate esplicitamente; nessuno a Telgate le avrebbe usate a sproposito.

Erano infatti questi i due soprannomi che si scambiavano amichevolmente l’arciprete Mons. Biennati (bondansa) e Luigi Foppa Pedretti (carestea), per la cronaca il padre di Tito ed Ezio.

 

 

L'arciprete monsignor Pietro Biennati

Meglio conosciuto a quel tempo come il marito della Sciura Maestra o come fratello di “Piero Bestemia” (un pioniere dell’industria di Telgate)

Erano sicuramente entrati in sintonia amichevole col fatto di aver partecipato alle medesime operazioni militari in Macedonia, durante la prima guerra mondiale.

Il soprannome che si erano reciprocamente attribuiti era quanto di meglio potesse riflettere i rispettivi caratteri; invero presi nel senso contrario.

Se un insegnante desiderasse spiegare ai suoi alunni la legge del contrappasso di Dante Alighieri potrebbe benissimo usare come esempio i due soprannomi in questione.

Corpulento ed esuberante “ol Sciur Gigi”  “Carestea”.

Magrolino e nient’affatto ricco di salute l’Arciprete “Bondansa”.

Mai in Telgate due soprannomi furono meglio azzeccati. Erano di sicuro tratti dalle pagine bibliche di Giuseppe e dei sogni del faraone.

Nessuno però osava pensare che tali soprannomi potessero significare qualche cosa di irriguardoso, c’era quasi una sorta di riverente rispetto nel vedere attribuito un soprannome ad un arciprete.

Il medesimo stato d’animo che si prova quando si vede il nostro Papa con in testa il cappello dell’alpino.. E per giunta un arciprete che attribuisce un soprannome così curioso ad un suo parrocchiano di quella stazza e corporatura.

Quando si incontravano era difficile che col discorso non finissero col ricordare i fatti e gli avvenimenti della guerra che li aveva visti protagonisti tanti anni prima. Parlavano di fucili 91, di raffiche di Schwarzlose, del crepitare di pallottole dum – dum, di granate Schrapnel, dei gas vescicanti, di quella stolta strategia degli Inglesi allo stretto dei Dardanelli. Di quell’altre interminabile e sciagurate battaglie sul fiume Isonzo, dei compagni caduti e feriti e via discorrendo.

Infine l’arciprete ricordandosi del motivo per cui era venuto in fabbrica diceva al “Gigi Foppa” in modo perentorio agitando davanti a sé quel suo bastoncino col pomo argentato.

<<eh! stasera devi lasciar uscire presto le ragazze (apprendiste) dallo stabilimento, perché ci sono le prove di canto!>>.

E se ne andava senza attendere la risposta, sapendo che “Carestea” in fondo in fondo avrebbe obbedito.

 

Lo storico

 

Luigi Foppa Pedretti